Il
“Villaggio dei Randagi”
è
una struttura nata nel 2000, fra numerose difficoltà, senza alcun supporto economico da parte delle istituzioni
interessate. Gestita con grande tenacia, si estende per 3 ettari e mezzo ed ospita
circa 150 cani.
I
cani accolti in questa struttura sono sereni perché i recinti in cui
vivono sono enormi e hanno così la possibilità di muoversi a loro
piacimento. L'alimentazione consiste in pasta con carne cucinata
quotidianamente tranne il giovedì e la domenica, giorni nei quali si
somministrano croccantini. La domenica i volontari non hanno l'aiuto
del collaboratore.
Tutto
questo senza
alcun aiuto da parte delle istituzioni
che
preferiscono finanziare i cosi detti "Canili Lager"!
Il
Villaggio viene dunque mandato avanti grazie ai volontari, al
tesseramento annuale, alle poche adozioni a distanza ed alle scarse
donazioni, mentre è organizzata una colletta mensile fra i soci e
simpatizzanti che hanno inteso salvare un randagio, affidarlo alla
Bios e pagarne la quota mensile di mantenimento.
Il
Villaggio, pur mantenendo i suoi “ospiti” nella maniera migliore,
non ha ricevuto l'autorizzazione da parte del Servizio Veterinario di
Catanzaro che avversa l'iniziativa, preferendo sostenere i noti
canili “lager” ove si ammassano migliaia di cani in condizioni
barbare ed incivili, in barba alla vigente normativa in materia.
Come è
nato il rifugio
Nel
1995, il gruppo animalista di Catanzaro ha elaborato un progetto che
tenesse conto delle esigenze etologiche dei cani, nonché di taluni
bisogni del territorio: ideando l’”Oasi canina”, che,
presentata al compianto assessore alla Sanità Torchia – giunta
Nisticò – ottenne favorevole accoglimento e fu finanziato al WWF
(la Stinchi allora era responsabile del coordinamento regionale delle
guardie zoofile) di Catanzaro per circa 270 milioni di lire e quello
di Cosenza per circa 200 milioni di lire.
Per
la realizzazione del progetto di Catanzaro, la cifra fu appoggiata al comune di San Floro (che aveva offerto il terreno) il quale Comune
doveva realizzare il progetto sotto la “supervisione vincolante”
dell’Associazione: risultato, quello che era all'epoca un
progetto pilota nazionale, fu totalmente espropriato all'Associazione e trasformato in un luogo di sofferente detenzione dei poveri randagi
cui, invece, si voleva offrire una vita serena, dignitosa e piena di
affetto. Responsabile di questo vergognoso voltafaccia fu il sindaco
di allora. Lasciato
il WWF, che non era intervenuto in un evento tanto grave, anzi aveva
tolto alla scrivente la delega alla gestione delle due oasi, il
gruppo, forte di circa 400 soci, aderì ad una rinnovata ENPA.
Rinnovata in quanto la precedente gestione era colpevole di gravi
maltrattamenti di randagi, detenuti nel piccolo canile di località
Barone di Catanzaro, insieme al servizio veterinario nr. 7 che
sopprimeva a tutto spiano i cani affetti da Leishmaniosi, mentre nei
loro ambulatori privati, gli stessi veterinari curavano quelli dei
loro clienti. La
Stinchi riusciva ad ottenere la chiusura di questo canile catanzarese
e l’affidamento dei superstiti a lei che li avrebbe ospitati nel
proprio terreno. Da allora però, il terreno privato si
riempiva di cani randagi e la vita famigliare diventava
difficilissima. Sopraggiunse, al fine, l’inaspettato aiuto di un
gruppo di volontari di Satriano i quali mettevano a disposizione
denari e mezzi, e con il contributo dell'ENPA nazionale 15 anni fa si
inaugurava il “Villaggio dei Randagi”, corredato da luce, acqua
potabile e GPL per la cucina. Tale
struttura si snoda su circa 3 ettari e mezzo di superficie sabbiosa
semi collinare, su cui sono stati costruiti circa 30 ampi recinti
dotati di punto acqua e cibo, di talune capanne in legno e numerose
cucce sparse: in essi vivono in un allegro regime di semi libertà un
numero vario di randagi, messi insieme dall'osservazione della loro
compatibilità caratteriale, a prescindere dalla taglia e dal sesso.
Purtroppo le drammatiche condizioni economiche in cui versa
l’associazione non ha permesso di effettuare una sterilizzazione a
tappeto degli ospiti, che avrebbe significato pretendere troppo dai
veterinari volontari che ci accompagnano in questa avventura da circa
25 anni. In effetti il Dr. Andrea Gallo ed i suoi collaboratori
offrono ai nostri ospiti tutte le cure e gli interventi chirurgici
necessari nonché la sterilizzazione dei maschi. Naturalmente le
medicine (numerosissime) devono essere acquistate con enormi
sacrifici personali. Il cibo da somministrare comprende pasta, riso,
pane, carne, scatolette e crocchette. La
situazione si è resa ulteriormente difficile per il susseguirsi di
numerosi alluvioni e forti piogge. Per questo motivo la struttura necessita di continui interventi di manutenzione. Inoltre il servizio
veterinario ha effettuato tutta una serie di imposizioni costosissime
(che in molti altri canili non sono state richieste) per poterci
fornire l’autorizzazione che darebbe l’opportunità all'Associazione, ovviamente a pagamento, di ospitare i cani
randagi di taluni comuni. Questi animali oggi sono costretti a subire
la tradotta "nazista" verso il Reggino o verso il Crotonese. Anche per
questo si sperava in un aiuto consistente per poter effettuare questi
lavori ed ottenere, quindi, l'autorizzazione necessaria. |